martedì 30 aprile 2013

UN SUCCESSO! IL CONVEGNO DEL 19 APRILE E L'ASSEMBLEA SINDACALE DEL 23...


Il convegno organizzato dal nostro coordinamento nazionale per la difesa e la promozione delle scuole serali pubbliche, dal titolo:

“Riordino della Scuola Serale: Regolamento e Proposte per le Linee Guida”

tenutosi il 19 aprile 2013 presso l'IISS "G. Marconi" di Bari allo scopo di fare il punto della situazione e formulare proposte, utili a limitare i danni, da presentare al GRUPPO TECNICO IDA in occasione della stesura delle linee guida; è stato molto partecipato. Erano una sessantina gli intervenuti in delegazione dai corsi serali delle province di Bari, BAT e Foggia. I lavori si sono svolti per l'intera mattinata in un clima di grande partecipazione. Il presidente, prof. Nazzareno Corigliano, ha relazionato sui punti del regolamento, che saranno oggetto dalle linee guida di cui si sta già occupando il nominato Gruppo Tecnico IDA, sollecitando interventi e proposte. Dai numerosi interventi è emersa chiara la volontà di continuare a lottare per rigettare questo riordino che, come è apparso evidente, promette solo tagli e prospetta un devastante arretramento dello Stato da questo settore dell'istruzione pubblica. Comunque si è cercato di essere propositivi e, per il protrarsi dell'interessante dibattito, si è deciso di raccogliere le proposte in un documento da presentare in occasione dell'assemblea sindacale per i serali organizzata dalla GILDA degli insegnanti per il 23 Aprile sempre presso il "Marconi".
Il 23 Aprile, dalle 17,30 alle 20,30, si è regolarmente svolta l'assemblea sindacale durante la quale i rappresentanti della GILDA dopo aver illustrato la loro piattaforma hanno dato spazio al prof. Corigliano che ha potuto leggere le proposte raccolte che sono state approvate dagli intervenuti. La GILDA si è dichiarata disponibile ad affiancare il Comitato nella lotta e a collaborare interessando il proprio rappresentante nel Gruppo Tecnico IDA.

lunedì 15 aprile 2013

BARI: 19 APRILE - CONVEGNO SUL RIORDINO DELLA SCUOLA SERALE

Cari Colleghi,
il coordinamento nazionale per la difesa e la promozione delle scuole serali pubbliche, che da anni si batte per contrastare i pesanti tagli previsti con l’adozione del regolamento di riordino delle scuole serali, ritiene necessario un incontro tra tutti gli operatori del settore allo scopo di formulare proposte, utili a limitare i danni, da presentare al GRUPPO TECNICO IDA che è stato istituito dal Ministero per la stesura delle linee guida.

Pertanto desideriamo invitare una delegazione del vostro corso serale al convegno:

Riordino della Scuola Serale: Regolamento e Proposte per le Linee Guida

venerdì 19 aprile 2013 a partire dalle ore 9,30

Bari, aula magna dell’ITIS “Guglielmo Marconi”, piazza Carlo Poerio, 2

mercoledì 10 aprile 2013

ADRANO (CT): LA FORMAZIONE DEGLI ADULTI E LA SPERIMENTAZIONE SIRIO. PUNTI DI FORZA, CRITICITA', PROSPETTIVE. A CURA DI ALFREDO D'ORTO

Per la ricchezza e l'eloquenza pubblichiamo il testo integrale dell'intervento tenuto dal prof. Alfredo D'Orto durante il convegno sulle scuole serali del 21 marzo scorso presso l'ITS di Adrano (CT).
Buona lettura!
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La formazione degli adulti e la sperimentazione Sirio:
punti di forza, criticità, prospettive

In questo mio intervento parlerò di peculiarità e problematiche concernenti il progetto denominato Sirio, un modello organizzativo pensato per rispondere efficacemente alle nuove esigenze formative espresse dalla società, in particolare alle richieste di maggiori livelli di istruzione e di riqualificazione avanzate tanto da giovani o non più giovani scolasticamente “dispersi”, quanto da lavoratori e imprenditori.
Dico subito che non è mio intento difendere questa forma di qualificazione di adulti e giovani adulti (20-34 anni) dallo stereotipo secondo cui sarebbe da considerare come una via sbrigativa e approssimativa all’istruzione anziché come una via alternativa ai curricoli istituzionali. Ciò perché tale luogo comune, come tanti luoghi comuni, rispecchia solo l’ignoranza, il provincialismo culturale e, nello specifico, la mentalità classista e poco democratica di chi lo accoglie o proferisce, sia esso pure un ex presidente del Consiglio.1 A sfatare simile pregiudizio basterebbe conoscere direttamente tanta utenza delle scuole serali e pensare che personalità eccellenti nel campo artistico, imprenditoriale e delle professioni hanno seguito questo percorso formativo (da Carlo Carrà a Mario Ridolfi a Umberto Ambrosoli a Roberto Bolle). Mi atterrò dunque a evidenziare quali siano le funzioni da assolvere, i presupposti e le finalità primarie, le idee-forza e le “debolezze” dell’ormai sperimentata sperimentazione Sirio, e a suggerire, sulla base delle indicazioni ministeriali e della mia esperienza sul campo, quali potrebbero essere i criteri educativi e didattici più congrui. Mi perdoneranno alcuni colleghi e addetti ai lavori se sembrerò loro pleonastico, ma la realtà è che pochissimi docenti conoscono effettivamente il progetto Sirio e che anche in questo settore è riscontrabile, in linea generale, una certa rigidità di impostazione, insieme a una metodologia didattica per lo più ricalcata sul modello del diurno. Non c’è aria di rimprovero nelle mie parole, sia perché non mi ritengo escluso dal novero di coloro che hanno da imparare, sia perché so che occorre maturare una coscienza basata su una duratura esperienza per poter superare quel carattere di sommarietà, cosa non facile nelle attuali condizioni delle scuole serali, da molti a torto ritenute un’esigua, negletta appendice dei corsi antimeridiani dove si alternano docenti che hanno l’esigenza di completare l’orario cattedra.
Prima di entrare nello specifico del mio discorso ci tengo a ricordare che il compito di provvedere all’educazione delle persone adulte in condizioni di disagio socio-economico, già istituito nel 1904 e nel 1911 rispettivamente dalle leggi Orlando e Credaro, venne lasciato ai privati dalla Riforma Gentile (1923) come anche poi, in piena epoca fascista, dalla “Carta della Scuola” del ministro Giuseppe Bottai (1939). Trascurata nel dopoguerra (unico ruolo in tal direzione venne svolto dal maestro Alberto Manzi con la trasmissione televisiva Non è mai troppo tardi andata in onda fino al 1968) l’istruzione degli adulti trovò misure vòlte ad una sua concreta attuazione agli inizi degli anni ’70 con la legge conosciuta come Statuto dei diritti dei lavoratori. Questa linea di evoluzione storica che ho così sinteticamente tratteggiato consente di svolgere una prima considerazione, ovvero come l’opportunità del rientro educativo sia stata volutamente trascurata da quelle culture - non solo politiche - a carattere velleitariamente aristocratico ed elitario e abbia di contro costituito una componente non marginale di quel superbo approdo della nostra civiltà democratica rappresentato dallo Statuto. Consente altresí di rilevare come l’ennesima riforma fatta di tagli, liquidata di recente nel più assoluto e trasversale silenzio e senza alcuna consultazione dal cosiddetto “governo dei professori” (quello per capirci che ha tentato di mettere in atto la proposta di legge più indecente e umiliante di tutta la storia dell’istruzione in Italia: aumentare di un terzo l’orario lavorativo degli insegnanti a parità di retribuzione), come tale riforma, dicevo, altro non sia che un’ulteriore componente di quell’attacco allo Statuto e, in genere, alle norme a tutela del lavoro e del diritto allo studio sferrato dalle politiche neoliberiste nel corso degli ultimi due decenni. Che essa sia stata varata nell’indifferenza o con l’assenso o almeno con il silenzio/assenso dei grandi partiti della sinistra e delle maggiori organizzazioni sindacali,2 la dice lunga sulla crisi di rappresentanza delle suddette formazioni politiche e sulla loro conseguente perdita di consenso.
Detto questo passo brevemente ad accennare alle idee-forza e alle criticità del progetto Sirio per discutere poi più ampiamente delle prospettive riguardanti il settore della formazione degli adulti e della funzione che è chiamata a svolgere.
Le difficoltà che docenti e discenti incontrano nei corsi serali sono risapute e dipendono ovviamente dalle condizioni specifiche dell’utenza, tra queste: 1) la scarsità di tempo da dedicare allo studio; 2) la stanchezza e il calo dell’attenzione che si verifica specie in tarda serata; 3) la frequenza ridotta che si registra nel corso delle prime e delle ultime ore di lezione; 4) la resistenza o proprio l’ostilità dei familiari, incontrata soprattutto dalle donne, i cui coniugi e figli non accettano di buon grado un tale impegno quotidiano.3 Se queste sono le “debolezze”, i punti di forza controbilanciano tale situazione sfavorevole, e in maniera così determinante da renderla una vera opportunità di arricchimento per il docente, anche per chi non intendesse crearsi e definire, col tempo, un profilo professionale specifico; tra questi possiamo annoverare: 1) la robusta motivazione che deriva dal desiderio di riprendere in mano il proprio destino e che è insieme desiderio di sapere e di riscatto - ma gli scoraggiamenti e le ricadute sono frequenti, pertanto è necessario un costante lavoro di consolidamento della motivazione stessa -; 2) la maggiore maturità; 3) la possibilità di comprendere alcune problematiche in virtù della propria esperienza personale e di vita. Hegel scriveva nella sua Estetica che l’artista non deve soltanto aver molta esperienza del mondo e molta familiarità con i suoi fenomeni interni ed esterni, ma molte e grandi cose devono essere passate per il suo petto, il suo cuore deve essere già stato profondamente colpito e commosso, egli molto deve aver fatto e vissuto prima che sia in grado di configurare a concrete apparenze le autentiche profondità della vita.4
Altrettanto vale per chi quelle profondità sensibilmente rappresentate deve non dico gustare a pieno o giudicare, ma se non altro tentare di comprendere, cosa meno aleatoriamente possibile quando anche il discente abbia molto visto e sperimentato, poiché molte sono le dinamiche economico-sociali o le condizioni psicologiche ed esistenziali sconosciute ad un adolescente.
La motivazione, l’esperienza e la maturità consentono dunque ad alcuni corsisti di affrontare argomenti, concetti e nodi problematici in modo efficace. Questo vale sia per materie attinenti al campo delle scienze umane, poiché non è infrequente trovare studenti appassionati alla storia o all’opera di autori classici e contemporanei, sia per le materie tecniche, poiché per qualcuno esse rappresentano la componente “teorica” di una più o meno lunga esperienza pratica. Ciò, lo ribadisco, può rendere l’attività didattica alquanto stimolante, nonostante il lavoro di studio e di approfondimento debba svolgersi per lo più durante l’orario scolastico e nonostante i dislivelli all’interno del corpo classe siano marcati, costringendo l’insegnante che non voglia trascurare nessuno, che operi cioè tendenzialmente secondo il principio Non uno di meno,5 a ripetere e riformulare in maniera sempre più chiara e comprensibile il proprio sapere, tenendo fermo quell’altro principio enunciato da Montaigne secondo cui l’alunno non è “un recipiente da riempire ma una fiamma da accendere”.6 I docenti del Sirio devono anche sviluppare notevoli capacità relazionali ed usare in massimo grado autorevolezza e tatto nella loro prassi didattica, mai autorità, avendo a che fare con personalità già strutturate e con una classe assai eterogenea sul piano anagrafico. Devono inoltre declinare il proprio sapere tenendo conto delle varie e spesso contrastanti richieste e sollecitazioni espresse dall’utenza, e dosare il carico di studio avendo presente le reali condizioni di vita dell’alunno (se è un lavoratore e di che tipo, se ha famiglia o meno), ferma restando la garanzia di criteri di valutazione comuni e di momenti finalizzati al recupero.
Gli interventi didattici devono certo orientarsi verso l’istruzione, ma anche verso la formazione dell’allievo come essere pensante e come cittadino. Citando ancora Montaigne, il buon insegnante non lavora «solo a riempire la memoria» lasciando «vuoti l’intelletto e la coscienza» poiché, così facendo, non forma altro che «asini carichi di libri»; a cosa serve, del resto, «aver la pancia piena di cibo, se non lo digeriamo? Se esso non si trasforma in noi?».7 Tali interventi devono inoltre essere tesi a fare della classe un ambiente in cui ciascuno respiri fiducia nelle sue possibilità di riuscita e ciò, sottolinea il testo ministeriale del progetto, «attraverso modalità relazionali e comportamenti professionali rispettosi del vissuto degli studenti oltre che dei loro ritmi e stili di apprendimento». L’azione didattica, che dovrà adottare tipologie di lavoro appropriate e differenziate, sarà tesa primariamente: 1) a valorizzare, dove possibile, le esperienze culturali e professionali dello studente; 2) a coinvolgerlo prospettandogli traguardi raggiungibili e compiti realizzabili, il che induce l’insegnante a porsi di fatto come «“facilitatore” di apprendimento» (che non corrisponde affatto a facilitatore incondizionato di promozione). Per quanto riguarda il momento della verifica e della valutazione criterio fondamentale è che esse abbandonino, specie nei confronti degli adulti, il loro perdurante valore sanzionatorio per assumere quello più appropriato di «controllo di processi», strumento diagnostico e correttivo di errori rilevati nel percorso di apprendimento. Criteri e strumenti di valutazione dovrebbero essere definiti e comunicati alla classe, malgrado le discussioni cui si può dare adito, perché tale prassi, oltre che garantire trasparenza, contribuisce a rafforzare le motivazioni ad apprendere dei discenti.8 Per lo stesso motivo ritengo che si dovrebbe dare più importanza al momento della consegna delle pagelle e non sottrarsi al confronto fornendo delucidazioni ad eventuali rimostranze manifestate dai discenti. Inutile ricordare che i risultati raggiunti nelle singole discipline non dovrebbero scaturire da mere medie matematiche, ma includere come indicatori l’impegno, la partecipazione e soprattutto la progressione rispetto ai livelli di partenza.
Se c’è un’idea fondante del Sirio, essa è certamente la flessibilità (e la modularità didattica). In effetti un suo indubbio punto di forza è la possibilità concessagli di godere al massimo livello dell’autonomia scolastica, sia sul piano organizzativo che didattico. Mi riferisco non soltanto all’orario delle lezioni ridotto e distribuito su cinque giorni o al riconoscimento dei crediti formativi che tutti i corsi serali applicano, né soltanto alla possibilità di organizzare secondo moduli intensivi e recuperi il calendario scolastico e di aggregare gli studenti per gruppi di livello, che sono forme organizzative di non facile attuazione e non prive di rischi.9 Mi riferisco più in particolare alla possibilità di effettuare lezioni in compresenza o “a distanza”, al ruolo del Consiglio di classe che dovrebbe avere a disposizione un monte ore massimo di cinque ore settimanali «in aggiunta a quelle curriculari» da attribuire ai diversi docenti, e alla funzione del tutor, formalmente assegnata a un membro del Consiglio di classe, che dovrebbe essere assolta all’interno dell’orario di insegnamento, ma prevede anche l’attribuzione di ore eccedenti. Il suo compito di «facilitare l’inserimento degli alunni nel sistema scolastico» e «assisterli ove sopravvengano difficoltà», di «attivare strategie idonee a colmare carenze culturali», è in effetti indispensabile in un sistema formativo basato sul «sostegno all’apprendimento», sul «riconoscimento di crediti e debiti» e sulla «personalizzazione dei percorsi».10
Tutte queste figure e funzioni, che garantiscono un supporto educativo e orientativo ottimale per l’utenza, necessitano ovviamente di una copertura finanziaria perché possano essere istituite e attivate. Nello schema di regolamento non se ne fa menzione e, di fatto, sono figure e funzioni spesso assenti dai piani organizzativi dei corsi serali. Come ormai è frequente, esse vengono ricoperte o assolte informalmente e magari un po’ alla meglio da docenti coscienziosi, stante la situazione in cui versano le istituzioni scolastiche italiane che quotidianamente si reggono sul volontariato di alcuni insegnanti impegnati a contenere gli effetti deprimenti delle ultime riforme.
Molto altro ci sarebbe da dire ad esempio sul previsto Comitato tecnico-scientifico che non ovunque è operante, oppure sul sistema dei crediti e dei debiti, i secondi non sempre attribuiti, i primi spesso certificati ma non corrispondenti a reali competenze, oppure vincolati al solo riconoscimento di quelli formali, senza tenere conto di effettivi e dimostrabili livelli di conoscenza di una data disciplina (ad es. una lingua straniera).11
Tralascio comunque di approfondire tali aspetti per trattare delle prioritarie funzioni e delle prospettive apertesi nel settore della formazione degli adulti, evidenziando che il problema dell’educazione permanente (concetto già elaborato dalla cultura illuminista, precisamente da Condorcet) è tra quelli che assumono e assumeranno sempre più una grande rilevanza a livello comunitario, specie in considerazione delle accresciute aspettative di vita, della tendenza alla specializzazione in tutti i settori produttivi e dei processi di mobilità della forza lavoro. Esso, com’è noto, rappresenta un importante settore di intervento tra quelli individuati dall’Unione Europea, sotto le cui sollecitazioni il modo di concepire l’educazione degli adulti si è andato evolvendo in quello di un processo orientato alla formazione continua chiamato lifelong learning. Con la “Carta di Lisbona” (2000) lo scopo auspicato non è più unicamente quello di conseguire un titolo, ma anche di approfondire e padroneggiare i contenuti dell’apprendimento per essere in grado di fronteggiare i rapidi mutamenti della società odierna. Naturalmente ciò comporta se non proprio un cambiamento, almeno un ampliamento di orizzonte da parte delle scuole serali, poiché adesso l’obiettivo non è soltanto indirizzato al “recupero” delle fasce sociali deboli, ma è quello rivolto alla popolazione nel suo complesso, cui si potrebbe in parte fornire, avvalendosi delle tecnologie informatiche, una modalità didattica non tradizionale come l’educazione a distanza (fad), prevista nel progetto Sirio ed anche nella nuova riforma (per un massimo del 20% del percorso), ma finora poco o nulla applicata.12 La scuola che abbia istituito al suo interno un tal genere di corsi serali, e di concerto abbia avviato iniziative di vario tipo (corsi liberi, visite guidate, conferenze, ecc.) mettendo a disposizione i propri spazi e le proprie attrezzature, oltre a tutelare e magari rimpolpare il proprio organico e ad offrire opportunità occupazionali, è una scuola al passo coi tempi che ha sposato la nuova concezione promossa sia a livello istituzionale sia dai settori più moderni e avanzati del comparto. Mi riferisco al ruolo della scuola come centro civico o plurifunzionale, come laboratorio di fruizione e sperimentazione culturale a più ampio raggio, in stretta collaborazione con il territorio, ruolo che alcuni istituti-guida dovrebbero provvedere a potenziare per offrire possibilità di formazione, di qualificazione e di riconversione professionale alla comunità tutta e non solo a una circoscritta fascia giovanile. Detto questo non intendo mettere in secondo piano l’obiettivo che anzi ritengo prioritario del rientro in formazione della cosiddetta utenza debole. Non lo colloco affatto sullo sfondo perché lo considero una irrinunciabile conquista civile e sociale per una realtà come quella italiana e meridionale in particolare, in sintonia con un pensiero espresso da un grande critico e maestro da me tanto studiato, parlo del primo ministro dell’istruzione dell’Italia unita, Francesco De Sanctis, il quale nel 1873, chiedendo cosa ne fosse della guerra all’analfabetismo nella sua provincia natale e come si provvedesse «all’istruzione e all’educazione degli adulti», affermava che «la civiltà di un paese non è alla cima, ma alla base», e aggiungeva: «sempre precaria è quella civiltà, la quale abbia alla sua base la barbarie, che la rode e la consuma».13 Finché continueremo a offrire il dovuto riguardo agli studenti provetti lasciando allo sbando, o meglio, tenendo a bada quelli più carenti o “difficili” (che sono i più); finché continueremo a non recuperare gli svantaggi derivanti agli alunni da contesti familiari e ambientali poveri ed escluderemo dal pieno diritto all’istruzione le ampie fasce della popolazione che per svariati motivi hanno avuto un percorso scolastico e lavorativo poco lineare e pacifico (riducendo drasticamente le borse di studio, i sussidi, il numero delle scuole serali e il loro monte ore settimanale), potremo star certi che il divario tra una minoranza edotta e consapevole che spesso si trasferisce all’estero e una grande maggioranza di individui in sofferenza, privi di vera istruzione, in balìa dei media e spesso all’oscuro dei concetti basici della democrazia, non farà che acutizzare il processo di impoverimento culturale e di sclerotizzazione e scivolamento sociale in atto, continuando a dare linfa all’illegalità e a prestare il fianco alla deriva demagogica e populista.
Dunque la primaria funzione che le scuole serali devono assolvere, in linea con le direttive dell’UE, è quella di contenere la dispersione scolastica recuperando le carenze nella formazione di base e rispondendo ai bisogni di maggiore formazione e riconversione professionale espressi dal mondo del lavoro. Questa funzione, nella situazione di ritardo culturale e, più precisamente, di bassa scolarità e di scarsa qualificazione propria del nostro Paese, rappresenta di per sé una seria azione di contrasto al fenomeno che De Mauro definisce dealfabetizzazione o analfabetismo di ritorno, dovuto al fatto che i cittadini si trovano a dover utilizzare decine e decine di anni dopo quanto hanno appreso in età scolastica determinando così forti regressioni delle conoscenze acquisite.14 Questa funzione si connota più spesso, nel Meridione, come azione di contrasto all’ignoranza, ossia a quel basso livello di istruzione i cui costi non solo individuali (insicurezza, mancanza di autonomia, povertà di aspirazioni, condizione di subalternità e di esclusione) ma anche sociali ed economici (in termini di criminalità, di spesa per la salute, come pure di democrazia poco partecipata, di bassa produttività e di scarsa innovazione) sono stati ampiamente certificati da studi di natura empirica e da studi comparativi internazionali, quell’ignoranza che pregiudica il buon posizionamento nel mercato del lavoro di tanti nostri giovani e che, non c’è dubbio, rende pericolosa una popolazione in quanto la mette in condizione di sudditanza rendendola anche facilmente manovrabile. Se si considera che il 35% della popolazione italiana è a rischio alfabetico, opera cioè in una situazione di sostanziale illetteratismo (in Europa la media è del 10-15%), se a questo si aggiunge che un altro 30% ha competenze fragili, limitate e a rischio di obsolescenza e che dunque il 65% della popolazione adulta non raggiunge il livello necessario a garantire il pieno inserimento in una società come quella odierna, basata sulla conoscenza; se pensiamo che il 48% della popolazione italiana tra i 25 e i 64 anni possiede al massimo la licenza media (contro il 29% dell’Europa) e che più della metà di quanti hanno un genitore con solo tale licenza tende a riprodurre la stessa situazione; se infine consideriamo che la propensione a fruire attivamente di determinate pratiche e prodotti culturali riguarda solo il 16% della popolazione, mentre il restante 84% (circa 27 milioni di persone) rivelano solo un potenziale interesse verso di essi (il 31%) o sono affatto refrattari al consumo culturale (53%) e proprio in ragione del loro livello di istruzione, appare lampante che ci troviamo di fronte a un’«emergenza nazionale» in cui il Meridione rappresenta «l’emergenza nell’emergenza». Le previsioni al 2020 sull’evoluzione della domanda e dell’offerta stimati dal CEDEFOP indicano che quasi tutta l’occupazione aggiuntiva e larga parte di quella sostitutiva sarà caratterizzata da lavori ad alta densità di conoscenza e competenze tecniche, e che cresceranno i livelli di istruzione/formazione richiesti in tutti i tipi di lavoro, anche elementari. Le proiezioni segnalano pure che l’Italia sarà, insieme al Portogallo, il Paese col più alto peso di forza lavoro con bassi livelli di qualificazione. Non sorprende che fra i cinque obiettivi strategici da traguardare secondo il Consiglio Europeo affinché si possano sostenere sviluppo economico, occupazione e coesione sociale, c’è proprio quello della partecipazione degli adulti all’apprendimento permanente. Esso, in Italia, è ancora limitato al 6,2% della popolazione attiva di contro a una media europea del 9,6%. Nell’ultima stima risalente al 2008 i corsi serali presso gli istituti superiori vedevano la partecipazione di 66.545 individui. Sembrano tanti, ma il rapporto tra domanda intercettata e domanda potenziale dimostra il contrario, quanto cioè siano pochi di fronte ai 12 milioni in possesso della sola licenza media (di cui 3 milioni quelli tra i 20 e i 34 anni) e alla percentuale degli abbandoni scolastici precoci che nel 2006 è stata pari al 20%.
Prima di avviarmi verso la conclusione voglio precisare che parecchi studenti non tornano sui banchi solo allo scopo di conseguire un diploma, ma chiedono cultura. Ritengo importante che un istituto scolastico contribuisca a rendere concretamente ed estesamente fruibile quel diritto ad acculturarsi che è di ciascuno, e si sforzi di coniugare istruzione e cultura coinvolgendo anche ex studenti, uditori esterni, cittadini in genere. Perché ciò effettivamente abbia vita occorre ricercare collaborazioni con enti esterni, come biblioteche, sindacati, imprese, in particolare con i Comuni che potrebbero, anche in sinergia, avviare iniziative di promozione culturale e riqualifica professionale riguardanti cittadini disoccupati, inoccupati o della terza età, ad esempio con incentivi poco onerosi ma socialmente assai significativi quali il pagamento della quota d’iscrizione, la donazione di un computer o altro materiale, il cofinanziamento di un corso libero, di una visita guidata, ecc.
Concludo il mio intervento da un lato ricordando un pensiero di Condorcet, ossia che non basta vantare una completa uguaglianza di diritti se poi vengono rifiutati i mezzi per conoscerli,15 dall’altro citando per esteso un passo del Quaderno TreeLLLe: «Conservare l’istruzione di base, incrementare le competenze professionali e sviluppare il livello culturale della popolazione in età adulta sono le condizioni essenziali per un esercizio pieno dei diritti e dei doveri di cittadinanza e per lo sviluppo di una economia competitiva». Resta da aggiungere: i governi e la società italiana sono stati all’altezza del compito nel contrastare con tutti i mezzi quel basso livello di istruzione che ha contribuito, nell’era della globalizzazione, a fare perdere competitività al nostro sistema economico e che grava pesantemente sulle nuove generazioni? Hanno compreso ciò che ai paesi avanzati risulta chiaro, ovvero che proprio nei periodi di crisi economica «la spesa culturale non andrebbe ridotta ma qualificata in modo più rigoroso»?16 Di conseguenza, sono stati e sono tuttora disposti ad affrontare gli investimenti pubblici o i ribilanciamenti di risorse indispensabili in materia di educazione degli adulti? Non ritengo possano darsi risposte affermative.

Alfredo D’Orto

Note
1 Nella trasmissione Servizio pubblico andata in onda su La 7 il 10-1-2013 Silvio Berlusconi, in uno scambio di battute con il conduttore Michele Santoro, ritenendo che i suoi concetti non venissero ben compresi ha chiesto al giornalista: “Lei è andato all’università o ha fatto le serali?”. Quest’ultimo, anziché difendere gli studenti lavoratori implicitamente irrisi (secondo l’equazione: utenti scuole serali = poca cultura e scarso intendimento) ribatteva alle domande dell’ex premier se avesse o meno capito non so quale affermazione con risposte del tipo: “Non ho capito… io sono andato alle scuole serali”. Al di là delle battute che lasciano il tempo che trovano, ciò che vi è di più sconsolante nella vicenda è che proprio così, in virtù di una boutade e sull’onda della polemica accesasi nei giorni seguenti, molti insegnanti (fra i quali io stesso) siano venuti a conoscenza dell’approvazione in via definitiva della riforma del settore. Tra le risposte polemiche apparse sul Web ricordo almeno quelle di Nazzareno Corigliano, Presidente del Comitato per la Difesa e la Promozione delle Scuole Serali Pubbliche, e di Rocco Rolli, della Rete Scuole Serali Pubbliche Torino e Provincia (apparse sul blog del Coordinamento per la difesa delle scuole serali dell’11 e del 13-1-2013), di Daniele Lanni, portavoce della Rete degli Studenti (su La tecnica della scuola.it dell’11-1-2013) e di Dunia Sardi, scrittrice (su Quotidiano.Net del 16-1-2013 nel blog di Sandro Bugialli).
2 In un articolo di Giulia Boffa dal titolo Approvato il nuovo regolamento delle scuole serali: importanti anche le competenze acquisite sul lavoro apparso su OrizzonteScuola.it il 6-10-2012 si trova scritto: «I Centri d’istruzione per gli adulti opereranno su base provinciale e organizzeranno i servizi formativi in modo che siano prossimi ai luoghi dove le persone vivono e lavorano, soprattutto attraverso accordi di rete con altre istituzioni scolastiche e altri soggetti del territorio». A quali altri soggetti - nel Regolamento non vi è cenno - si fa riferimento? a enti privati? alle Camere di Commercio? ai sindacati? Questi ultimi vengono accusati di silente o compiaciente accettazione del regolamento o proprio di essere gli ispiratori del riordino (la CGIL) negli articoli pubblicati sul blog del Coordinamento per la difesa delle scuole serali l’8-8-2012 e il 4-12-2012.
3 Leggasi l’articolo di Alessandra Veronese, L’esperienza della sperimentazione “SIRIO” nelle scuole serali (http://www.graffinrete.it/tracciati/storico/tracciati0/sirio.htm).
4 George Wilhelm Friedrich Hegel, Estetica, edizione italiana di Nicolao Merker, trad. it. di Nicolao Merker e Nicola Vaccaro, 2 voll., Milano, Feltrinelli, 1978 («SC/10», 84), pp. 372-73.
5 È il titolo italiano del film di Zhang YiMou vincitore del Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1999.
6 La citazione è tratta dagli Essais di Montaigne, a sua volta ispirato da un passo del De recta ratione audiendi di Plutarco.
7 Cfr. Michel de Montaigne, Saggi, a cura di Fausta Garavini, con un saggio di Sergio Solmi, 2 voll., Milano, Adelphi, 1992 («Gli Adelphi», 31), I, pp. 178, 180 e 236.
8 Cfr. Un nuovo modello organizzativo per il settore della formazione degli adulti: il progetto Sirio, Premessa di Elisabetta Davoli, Dirigente amministrativo Direzione generale istruzione tecnica Ministero Pubblica Istruzione ai punti 5: Indicazioni metodologiche e 6: Verifica e valutazione. (http://www.edscuola.it/archivio/norme/programmi/sirio).
9 Il gruppo-classe potrebbe scomparire, soppiantato da moduli finalizzati all’acquisizione di date competenze? I percorsi d’istruzione realizzati per gruppi di livello relativi ai tre periodi didattici previsti dalla riforma potrebbe portare alla contrazione triennale del percorso? Lo schema di regolamento non mi pare chiaro; testualmente recita: «possono essere fruiti per ciascun livello anche in due anni scolastici» (art. 5 comma 1 d). Ambiguo quell’«anche», dal momento che i tre periodi sono costituiti da due bienni e da un ultimo anno finalizzato all’acquisizione del diploma. Cfr. Schema di regolamento recante norme generali per la ridefinizione dell’assetto organizzativo didattico dei centri d’istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali, ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana n. 47 del 25-2-2013. Decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2012, n. 263.
10 Cfr. Un nuovo modello organizzativo…, cit., in particolare ai punti 2.1: Modelli di struttura e 2.4: Tutoring. La compresenza come io la intendo, d’accordo con quanto affermato dalla Veronese (cfr. op. cit. al punto 3.2), consentirebbe agli alunni di meglio assimilare alcuni contenuti disciplinari e, ai docenti, di meglio calibrare la propria programmazione didattica. A titolo di esempio sono parecchi gli alunni le cui carenze di carattere grammaticale risultano di ostacolo alla comprensione di una lingua straniera e spesso infatti succede che gli insegnanti di lingue chiedano a quelli di lettere se abbiano o meno svolto determinati argomenti (sempre restando nell’ambito umanistico, si potrebbero immaginare alcune lezioni comuni di italiano e di storia dell’arte, di storia e di scienze, di storia e di diritto, ecc.). L’attuazione di tali lezioni - programmata in sede di Consiglio - offrirebbe tra l’altro una doppia opportunità agli utenti e ai docenti, poiché gli uni vedrebbero diminuire le ore di frequenza settimanalmente richieste (delle quali le prime e le ultime oggettivamente “scomode” e poco seguite), rimanendo però salvaguardato il livello qualitativo dell’offerta formativa; gli altri renderebbero ancora più efficaci i contenuti proposti dandogli un carattere interdisciplinare, e in parte compenserebbero la riduzione oraria prevista dalla riforma.
11 Condivisibile la proposta della Veronese di non riconoscere automaticamente le competenze derivanti da corsi di studi già seguiti (cfr. op. cit. al punto 3.4). Ciò dovrebbe voler dire, a mio parere, non negare il dovuto riconoscimento ai crediti cosiddetti formali, ma non esimersi dal somministrare dei test d’ingresso, per provvedere così a programmare adeguati percorsi di recupero.
12 Cfr. Schema di regolamento…, cit., art. 4 comma 9 b.
13 Cfr. la raccolta di scritti I partiti e l’educazione della nuova Italia, a cura di Nino Cortese, in Opere di Francesco De Sanctis, edizione diretta da Carlo Muscetta, vol. XVI, 1970, p. 86.
14 Cfr. Associazione TreeLLLe, Quaderno n. 9 dicembre 2010, Il lifelong learning e l’educazione degli adulti in Italia e in Europa. Dati, confronti e proposte, Introduzione e guida alla lettura di A. Oliva. Da questo studio ho tratto parecchie percentuali, questioni e considerazioni toccate o riportate sotto nel testo.
15 Cfr. Jean-Antoine Condorcet, Sull’istruzione pubblica, Treviso, Arti Grafiche Longo e Zoppelli, 1966, p. 35.
16 Cfr. Quaderno TreeLLLe, cit., pp. 19-20 e 27.
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